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Il lato oscuro delle criptovalute: i 10 peggiori casi di truffe e furti della storia
Nonostante il successo crescente, le criptovalute rimangono un argomento controverso. Le ragioni sono varie, ma la principale è probabilmente legata agli scandali. Sembra quasi che questa tecnologia non abbia pace, con notizie sconfortanti che scandiscono lo scorrere dei mesi, tra la bancarotta dei servizi di exchange, la violazione delle piattaforme, gli schemi Ponzi e le azioni legali della SEC. Questi casi hanno l’effetto di rafforzare l’idea ancora comune che l’industria delle criptomonete sia perlopiù una sorta di paese dei balocchi per scommettitori e criminali, anche se istituzioni miliardarie e società stanno esplorando le opportunità offerte da questo settore.
Nonostante i progressi compiuti nell’Unione Europea, nel Regno Unito e in altri Paesi indichino che l’industria si muove verso un livello più alto di regolamentazione e riconoscimento, le attività illecite proseguono e contribuiscono a collegare l’immagine delle criptovalute agli scandali. I casi di illeciti famosi sono molti e vanno da situazioni vergognose a dei veri e propri misteri; continua a leggere il nostro articolo per scoprire i 10 scandali più incredibili della storia delle criptovalute. Ciò che abbiamo imparato dal mercato delle criptovalute è che è fondamentale fare le proprie ricerche prima di investire e che se qualcosa sembra troppo bello per essere vero, probabilmente non è un buon affare.
Terra e TerraUSD: oltre 56,7 miliardi di dollari in market cap andati in fumo
Il crollo storico di TerraUSD (UST) e di Terra (LUNA) del maggio del 2022 è lo scandalo più grave dell’industria delle criptovalute in termini di denaro perso. Al di là della gravità dell’evento di per sé, ha contribuito ad acuire e prolungare l’attuale mercato ribassista e ha influito negativamente su molte altre piattaforme e su numerosi investitori del settore.
Nell’aprile dello stesso anno, la stablecoin UST e la sua moneta gemella LUNA potevano vantare un market cap totale di circa 57,3 miliardi di dollari e costituivano due delle più importanti criptovalute sul mercato. Questo valore è però sceso drasticamente a maggio, quando UST si è disancorata dal dollaro statunitense e due grandi investitori hanno ritirato 500 milioni di dollari in criptovaluta da Anchor, una piattaforma di DeFi basata su Terra e utilizzata per lo staking di UST.
Questi grandi prelievi hanno scatenato il panico tra gli utenti di Anchor, che sono corsi a ritirare i fondi in UST dalla piattaforma. Dal momento che la liquidità disponibile su Anchor era ridotta (circa 300 milioni di dollari), gli utenti hanno potuto liberarsi delle loro posizioni solo vendendo UST a un prezzo molto inferiore al valore di mercato.
Come è facilmente immaginabile, tutto ciò ha allontanato drasticamente l’UST dal dollaro statunitense. Con un tentativo vano di salvare la stablecoin, Terra ha effettuato il mining di circa 6.000 miliardi di LUNA, il cui valore si è quasi azzerato nel processo.
Uno dei grafici più spaventosi della storia delle criptovalute: l’evoluzione del prezzo di LUNA dal 2021. Fonte: CoinGecko
Le ripercussioni dell’evento non finiscono qui, con il fondatore di Terra, Do Kwon, che è finito sulle liste dei ricercati dell’Interpol prima di essere arrestato dalla stessa agenzia internazionale nel marzo del 2023. Il crollo ha inoltre spinto al ribasso il prezzo di Bitcoin (che è sceso dai circa 40.000 dollari di inizio maggio ai 19.000 dollari di metà giugno), dal momento che Terra ha acquistato e rivenduto la criptovaluta più famosa per supportare il prezzo di UST.
A questi danni va anche aggiunto il crollo di diverse aziende che avevano investito su Terra, tra cui Three Arrows Capital, Voyager Digital e Celsius. Considerando tutte queste ripercussioni, il denaro andato in fumo a seguito del fallimento di Terra ha quasi certamente superato i 56,7 miliardi di dollari di market cap di UST e LUNA.
Mt. Gox: 750.000 Bitcoin rubati (23,2 miliardi di dollari, al cambio attuale)
Per alcuni anni, il servizio di exchange giapponese Mt. Gox è stato il mercato di riferimento per Bitcoin. Secondo le stime, nel 2013 gestiva il 70% di tutte le negoziazioni in BTC ed è un dato rilevante, considerando che appena un anno dopo ha subito il furto record di 750.000 Bitcoin.
Come prevedibile, nei mesi successivi all’evento Mt. Gox ha dovuto dichiarare bancarotta con l’impossibilità di soddisfare le richieste di prelievo di migliaia dei suoi clienti. Ovviamente non sono mancate le azioni legali, con una class action intentata dagli utenti statunitensi e canadesi. Va però precisato che è previsto un piano di rimborso per i creditori e i clienti (in Bitcoin) che dovrebbe essere attuato a partire da ottobre 2023.
Le informazioni relative alle circostanze e alla natura del furto sono rimaste poco chiare fino a giugno del 2023, quando il Ministero di Giustizia statunitense ha incriminato due cittadini russi, Alexey Bilyuchenko e Aleksandr Verner, per avere cercato di riciclare circa 647.000 dei Bitcoin rubati nell’attacco informatico.
FTX: scomparsi 8,9 miliardi di dollari dei clienti
Fondato nel 2019, FTX si è affermato rapidamente come uno dei più importanti servizi di exchange di criptovalute sul mercato, tanto da arrivare a registrare un volume di trading di ben 1,5 miliardi di dollari in appena 24 ore nella giornata del 1° novembre 2022. Contrariamente a tutte le aspettative, però, al termine dello stesso mese ha subito un crollo disastroso, perdendo i fondi di migliaia dei suoi clienti.
La principale causa dell’accaduto è da ricercare nella scoperta che la sua azienda madre, Alameda Research, disponeva della maggior parte dei suoi asset nel token nativo di FTX, ovvero FTT. Sottraendo questi ultimi fondi dal calcolo, è risultato evidente che Alameda aveva circa 9 miliardi di dollari di passività e appena 900 milioni di liquidità.
Grafico dell’evoluzione del prezzo di FTT dal 2021. Fonte: CoinGecko
A seguito di ciò, i clienti sono corsi a ritirare i loro fondi dall’exchange insolvente, il quale avrebbe elaborato circa 6 miliardi di dollari in prelievi in sole 72 ore. Non è passato molto tempo prima che l’azienda ricorresse al noto “chapter 11” che nella giustizia statunitense regolamenta la bancarotta, dopo un tentativo di salvataggio senza successo di Binance.
Se tutto ciò non fosse ancora abbastanza, il fallimento di FTX ha portato alla luce un intero mondo nascosto di pratiche scorrette. Tra queste spicca il fatto che Alameda ha “preso in prestito” i fondi depositati dai clienti per effettuare investimenti rischiosi che hanno risentito pesantemente dell’andamento del mercato, che nel 2021 ha visto un’inversione della tendenza rialzista che aveva prevalso fino a quel momento. Il fondatore dell’azienda, Sam Bankman-Fried, è stato inoltre incriminato negli Stati Uniti con otto capi d’accusa, tra cui riciclaggio di denaro, frode online e violazione delle norme finanziarie.
Proseguendo con le indagini sul caso di FTX, è venuta alla luce la scomparsa di ben 8,9 miliardi di dollari dei clienti in seguito al crollo. Fortunatamente, però, sono stati recuperati 7,3 miliardi di dollari con le procedure di bancarotta e la nuova amministrazione ha intenzione di riprendere le attività commerciali dell’exchange in un futuro non troppo lontano.
OneCoin: una truffa agli investitori per oltre 5 miliardi di dollari
Escludendo BitConnect, OneCoin è probabilmente il caso più eclatante di schema Ponzi nella storia delle criptovalute. L’azienda è stata fondata nel 2014 e si è autodefinita la principale concorrente di Bitcoin, nonostante operasse sulla base del tipico schema piramidale: i suoi fondatori, Karl Sebastian Greenwood e Ruja ‘The CryptoQueen’ Ignatova, chiedevano agli acquirenti delle criptovalute di reclutare altri acquirenti tra amici e parenti.
Secondo i registri e il materiale promozionale della stessa OneCoin, oltre tre milioni di persone hanno comprato il loro token. Si tratta di un numero impressionante e confermato dalle cifre: tra l’ultimo trimestre del 2014 e lo stesso periodo del 2016, l’azienda ha ottenuto 4,037 miliardi di euro dalle vendite, con un profitto netto di 2,735 miliardi.
Sfortunatamente per i suoi fondatori, però, a partire dalla fine del 2016 le cose hanno iniziato a mettersi male per loro, con diversi enti regolamentatori sparsi per il mondo che hanno segnalato il token come inaffidabile e persino intrapreso azioni legali. L’anno successivo, la cofondatrice Ignatova è fuggita dalla Bulgaria per raggiungere la Grecia e da quel momento ha fatto perdere le sue tracce, con l’FBI che ha deciso di inserirla tra i primi dieci ricercati al mondo nel giugno del 2022.
Bitcoin Savings and Trust: 146.000 BTC (4,5 miliardi di dollari, al cambio attuale) persi per una frode
Lanciato nel lontano 2011, Bitcoin Savings and Trust può “vantarsi” di essere il primo schema Ponzi basato su Bitcoin. Prometteva agli investitori un ritorno settimanale del 7% sui Bitcoin depositati e l’amministratore Trendon T. Shavers dichiarava che sarebbe riuscito a ottenere i profitti vendendo i suoi BTC a un prezzo alto per poi riacquistarli a uno più basso.
La realtà dei fatti però era ben diversa, con Shavers che utilizzava la maggior parte dei fondi depositati per garantirsi uno stile di vita lussuoso e speculava con il resto del denaro. Una volta compreso che stava perdendo troppo, ha abbassato il tasso di interesse promesso spingendo molti investitori a ritirare i loro depositi. Inevitabilmente, ciò ha causato il crollo della piramide e Shavers è stato condannato a 18 mesi di reclusione e a rimborsare circa 2,5 milioni di dollari.
Voyager Digital: 3,8 miliardi di dollari dei clienti divorati dal mercato
All’apparenza, lo scandalo di Voyager Digital sembra meno sorprendente di quelli precedenti. La società specializzata nel prestito di criptovalute ha dichiarato bancarotta nel luglio del 2022, circa due mesi dopo il crollo di Terra e una settimana dopo la bancarotta del fondo speculativo Three Arrows Capital, che a sua volta è stato pesantemente influenzato dall’insolvenza di Terra.
Allo stesso modo, Voyager Digital vantava un grande credito di 650 milioni di dollari per un prestito concesso a Three Arrows. Ciò che però ha suscitato un grande clamore nel caso di Voyager Digital è il fatto che l’azienda aveva garantito che i depositi effettuati dai suoi clienti erano protetti dalla “Federal Deposit Insurance Corporation (FDIC)”.
Azioni di Voyager Digital dal luglio del 2021. Fonte: Yahoo! Finance
Questo aspetto ha spinto la stessa FDIC, il 28 luglio 2022, a emettere un ordine di interruzione delle attività nei confronti di Voyager Digital, specificando che l’unico conto coperto dall’ente governativo era uno sottoscritto da Voyager presso la Metropolitan Commercial Bank. La storia si è conclusa malamente, con i clienti che hanno perso circa 3,8 miliardi di dollari a seguito del fallimento, anche se si spera di recuperare il 35% di questa cifra (1,33 miliardi) grazie al piano di liquidazione..
Molte delle critiche al comportamento di Voyager, però, potrebbero essere estese anche a un’altra azienda specializzata nei prestiti e finita in bancarotta, Celsius Network, la quale sembrerebbe avere accumulato un buco di bilancio di ben 1,2 miliardi di dollari.
Bitfinex: 119.756 BTC (3,7 miliardi di dollari, al cambio attuale) rubati dagli hacker
Nell’agosto del 2016, il famoso exchange di criptovalute Bitfinex ha subito il furto di 119.756 BTC, che in quel momento avevano un valore di circa 72 milioni di dollari. Con una decisione alquanto controversa, Bitfinex ha deciso di reagire all’accaduto prelevando il 36% dei fondi depositati sui conti dei clienti, offrendo loro token RTT e BFX come cambiali virtuali per il denaro confiscato.
Evoluzione del prezzo del token LEO dal suo lancio. È degno di nota il picco registrato a febbraio del 2022. Fonte: CoinGecko
Questa forma di “condivisione delle perdite” rimane un caso unico nell’industria delle criptovalute e, nonostante molti possessori dei token RRT e BFX li abbiano già rivenduti, molti altri sperano di ricevere una parte dei 119.754 BTC recuperati dal ministero della giustizia statunitense nel febbraio del 2022.. Non è ancora chiaro, tuttavia, se Bitfinex rimborserà direttamente i propri clienti, dal momento che l’exchange pianifica di usare l’80% dei BTC recuperati per acquistare e distruggere il suo token nativo LEO..
BitConnect: 2,4 miliardi di dollari rubati ai clienti con uno schema Ponzi
Lanciata nel 2016, BitConnect era una criptovaluta collegata alla sua piattaforma di trading nativa, attraverso la quale gli utenti potevano ottenere grandi guadagni prestando BitConnect Coin (BCC) al servizio di exchange.
Teoricamente, BitConnect avrebbe dovuto guadagnare gli interessi pagati agli utenti indirizzando i BCC prestati verso investimenti speculativi, dichiarando che avrebbe utilizzato dei bot di trading per approfittare delle occasioni di arbitraggio offerte da molti exchange. Gli utenti dovevano spendere Bitcoin per acquistare BCC da BitConnect, con la promessa di ricevere un ritorno annuale fino al 100% o persino superiore.
A gennaio del 2018, però, il Texas State Securities Board ha emesso un ordine di interruzione delle attività nei riguardi di BitConnect, accompagnato dall’accusa di attuare pratiche fraudolente basate su uno schema Ponzi (accusa che successivamente si è rivelata fondata).
La reazione di BitConnect all’azione legale è stata la chiusura immediata, facendo crollare il prezzo del suo token BCC e causando una perdita complessiva di 2,4 miliardi di dollari ai suoi utenti/investitori. Fortunatamente, nel novembre del 2021 il ministero della giustizia statunitense è riuscito a recuperare circa 56 milioni di dollari dal principale promotore di BitConnect, Glenn Arcaro, rigirando alle vittime un totale di 17 milioni di dollari nel gennaio del 2023.
MyCoin: altri 375 milioni di dollari dei clienti risucchiati dallo schema Ponzi
MyCoin era un exchange di Bitcoin con sede a Hong Kong che prometteva ai propri clienti un ritorno di 1.000.000 di dollari di Hong Kong in appena quattro mesi, dopo avere investito nell’azienda un importo in BTC pari a 400.000 in valuta locale. Oltre ai profitti, ai clienti veniva offerta la possibilità di aggiudicarsi dei “premi”, tra cui auto di lusso e denaro, se questi riuscivano a reclutare altri utenti per la piattaforma.
Se tutto ciò ti ricorda il classico schema Ponzi, ci hai visto giusto: a febbraio del 2015, MyCoin ha chiuso improvvisamente il suo sito web, giusto un mese dopo avere chiuso i battenti del suo quartier generale di Tsim Sha Tsui per “lavori di ristrutturazione”. Secondo le stime, circa 3.000 clienti hanno perso un totale di 3 miliardi di dollari di Hong Kong e molti di questi avevano investito più di 1 milione.
Sfortunatamente, non è ancora stato possibile rintracciare gli operatori di MyCoin né recuperare i fondi dei clienti.
QuadrigaCX: i clienti perdono 169 milioni di dollari
Il più grande exchange di criptovalute canadese, QuadrigaCX, ha subito una perdita “sospetta” a dicembre del 2018, ovvero quando il suo fondatore Gerald Cotten è morto inaspettatamente durante una vacanza in India.
In breve tempo è sorto un problema rilevante, dal momento che apparentemente Cotten era l’unico a possedere le chiavi private dei wallet di Quadriga, che al momento della scoperta avrebbero dovuto contenere circa 169 milioni di dollari in criptovalute. Un’indagine successiva dell’Ontario Securities Commission ha però scoperto che gran parte di questi fondi erano già stati persi da Cotten prima della sua morte.
Secondo quanto è emerso, 115 milioni di dollari sono andati persi a causa delle attività di trading illecite che Cotten ha condotto su Quadriga, mentre altri 28 milioni in perdite sono il risultato delle negoziazioni effettuate dal fondatore su altre piattaforme utilizzando gli asset dei clienti. Le perdite erano talmente ingenti che, a maggio del 2023, gli amministratori delle operazioni di bancarotta di Quadriga hanno annunciato che gli ex clienti avrebbero ricevuto solo il 13% dei fondi persi.